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GENITORI RESILIENTI

La nascita di un figlio è un momento ricco di moltissime emozioni ambivalenti: gioia, curiosità, entusiasmo, fatica, paura, ansia. A livello culturale prevale la visione di tale momento come di qualcosa di magico e meraviglioso.  É sicuramente così, ma a volte succede qualcosa di inaspettato e difficoltoso e nei casi in cui il bambino tanto atteso presenti una forma di disabilità, il vissuto genitoriale è complesso e doloroso.

Sicuramente vi sono grosse differenze nello scoprire la disabilità del figlio durante la gravidanza oppure alla sua nascita magari come conseguenza di un parto complicato. Quello che è sicuro è che la diagnosi di disabilità di un figlio è un evento inaspettato che coincide spesso con il momento in cui il piano esistenziale dei genitori va in crisi poiché si sentono genitori di un bambino non sano, coniugi di un partner ferito, responsabili di altri figli coinvolti in un comune dolore. La comunicazione di una disabilità colpisce profondamente il proprio senso di identità individuale e di coppia; modifica la propria immagine di sé e degli altri ( del partner ma non solo); trasforma le relazioni esistenti tra i genitori e tra essi e la loro rete parentale e amicale; cambia l’idea del figlio immaginato e muta le condizioni di vita pratiche ma anche psicologiche dei genitori, in primis ma, più in generale, di tutti i membri della famiglia.

Il momento della comunicazione della diagnosi è molto delicato e getta le basi per affrontare in modo resiliente le conseguenze della comunicazione stessa. È qualcosa che rimarrà nella memoria e può essere un sollievo per comprendere alcune cose o le motivazioni di alcune situazioni, ma può essere anche un momento di fatica perchè comporta l’accettazione di una realtà di non semplice gestione. Ecco perchè chi si trova a dover dare questo tipo di comunicazione deve essere formato adeguatamente, essere supportante e chiaro nelle informazioni che fornisce e deve poter sostenere i genitori a individuare adeguate rete di supporto.

Le emozioni in gioco sono tante: rabbia, paura, sconforto, incertezza e tristezza giocano un ruolo importante per sé, la coppia, il bimbo con disabilità e tutta la famiglia. Ciascuno di noi può sperimentarle se prova per un momento a mettersi nei panni di un genitore di una persona con disabilità, eppure in merito vi è ancora un grande tabù. Probabilmente questo deriva, come diceva un mio formatore per l’area della psichiatria, dalla consapevolezza che a dividerci dalla disabilità o dalla psichiatria è un foglio di carta velina. Nessuno ha la certezza di esserne immune per tutta la vita e questo spaventa per le fatiche che comporta.

Queste emozioni così’ forti, a volte così poco accettate socialmente e sicuramente difficili da condividere, diventano fonte di vergogna, senso di inadeguatezza e di chiusura e rendono ancora più complesso il raggiungimento di uno stato di benessere per chi affronta tale problematica. Tali sentimenti si trasformano quindi in emozioni indicibili o poco condivisibili e rischiano di rimanere chiuse nel profondo impedendo di vedere e godere di ciò che di bello c’è nella vita, rendendo difficile individuare risorse e strategie di benessere e facendo si che non si sfruttino a pieno tutte le possibilità che anche una condizione di svantaggio può portare con sé. Dall’altro canto si possono vivere anche esperienze ed emozioni posivite che sono difficili spiegare ad altri e anche queste rischiano di rimanere nascoste.

Le emozioni si possono gestire, elaborare e contenere ma non si possono scegliere, ma vivere, ed è da lì che si può ripartire. Parlare e affrontare il nostro sentire positivo, negativo o più realisticamente ambivalente, permette di ritrovare le nostre risorse e scoprirne di nuove. Fa si che la nostra resilienza, cioè la nostra la capacità di resistere e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, si attivi dandoci la forza per sostenere al meglio la nuova situazione.

Le famiglie con al loro interno una persona con disabilità vivono sfide particolare e sicuramente faticose, ma avere intorno una rete, formale ma anche informale, può sostenere ed essere di supporto sia a livello pratico che a livello emotivo. Non sempre chi ci sta intorno sa come comportarsi e si allontana. A volte chi non affronta delle problematiche simili alle nostre fatica a comprende il nostro vissuto e spesso chi si trova in una situazione di disagio fatica ad aprirsi all’altro. Eppure solo condividendo con gli altri il proprio vissuto si può alleggerire il carico almeno psicologico. Confrontarsi con professionisti e con altre persone e famiglie che vivono esperienze simili alle nostre permette di uscire dall’isolamento, di comprendere che non si è soli e che insieme si ha più forza, di individuare punti di vista e soluzioni differenti e di condividere anche le gioie per le piccole grandi conquiste personali e familiari.

Incontro molti genitori di persone con disabilità e dietro alla fatica vedo in ciascuno di loro moltissime risorse, a volte più di quelle che loro stessi si riconoscono. In alcune situazioni o particolari momenti serve un supporto, ma la capacità di richiederlo trovo sia un valore aggiunto.

Ricordatevi, cari genitori, che siete resilienti e che non siete soli!