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ACQUA IN BOCCA!!!!

“Non dire nulla…..questo sarà il nostro segreto!!!”: diversi film o libri prendono avvio da frasi simili a questa. Condividere un segreto è qualcosa che unisce, fa sentire parte di qualcosa di più grande di noi, ma può anche diventare un vincolo e un peso enorme, che è difficile da sostenere.

Ciascuno di noi ha fatto esperienza del segreto, ma cosa si intende per “segreto familiare”? La filosofa americana Bok lo ha definito “un occultamento di tipo intenzionale, concernente informazioni importanti per chi ne è tenuto all’oscuro”. Karpel invece parla di segreti familiari dividendoli in tre gruppi:

– INDIVIDUALI: il depositario è un solo membro della famiglia;

– INTERNI: almeno due persone della famiglia ne sono a conoscenza. Se i detentori del segreto sono un genitore e un figlio la situazione si complica maggiormente, perché il figlio si troverà a dover scegliere se essere leale al genitore con cui custodisce un segreto oppure all’altro, rivelando informazioni inaspettate;

– CONDIVISI: tutti i membri della famiglia ne sono a conoscenza, ma non se ne può fare parola con persone esterne.

Spesso vengono mantenuti segreti riguardo un suicidio, anche solo tentato; eventuali abusi o molestie sessuali; adozioni, aborti, paternità biologica oppure disturbi psichici, malattie, guai giudiziari o problematiche relative a dipendenze, difficoltà economiche, carcerazioni, violenza, minacce ecc.

Le cause della creazione di un segreto non sono quasi mai malevole. Spesso si mantiene un segreto nei confronti di qualcuno perché si teme che quella persona possa non comprendere, per risparmiarle una sofferenza o per proteggere un membro della famiglia ritenuto più debole. A volte si pensa che “parlarne è inutile, il dirlo non modifica i fatti”; a volte il non detto nasce da una forma di autodifesa/autoinganno, dettato dalla vergogna e dalla volontà di voler mostrare un’immagine diversa e migliore di sé; infine, in alcuni casi si tace per evitare la disapprovazione sociale: il “segreto” infatti si riferisce all’infrazione di norme e valori condivisi, per cui si teme un giudizio. Di fatto, però, solitamente il problema si ingrandisce, e crea situazioni complesse. Il segreto famigliare, infatti, indipendentemente dalla motivazione per cui non viene svelato è qualcosa che fa soffrire uno o più membri del nucleo familiare, e si vorrebbe cancellare.

Il segreto è spesso collegato al  misconoscimento della realtà (M. e M. Selvini, S. Cirillo; A. M. Sorrentino): fenomeno per il quale non solo il paziente, ma spesso più membri della famiglia valutano in modo potentemente distorto, in senso idealizzato o demonizzante, la realtà e il vissuto psicologico di uno o più membri della famiglia. Spesso, per mantenere un segreto, si falsificano in modo sistematico le percezioni della realtà del paziente: per esempio, un padre potrebbe decidere di non rivelare alla figlia che la madre, innamoratasi di un altro uomo, è fuggita in un paese straniero, per cui potrebbe dire che la madre è dovuta partire all’improvviso per lavoro. La bambina, però, comprende che è strano che sua madre vada via per lavoro senza nemmeno salutarla. E poi “via” dove? E perché nessuno le sa spiegare quando tornerà la mamma? É un po’ strano che la mamma sia così impegnata da non riuscire a farle nemmeno una telefonata, come le dicono. Come mai non può andare a trovarla? Perché gli altri adulti smettono improvvisamente di parlare appena lei entra nella stanza?

Quando si vuole celare un’informazione, scattano quasi automaticamente dei pensieri intrusivi e ricorrenti, legati al contenuto da nascondere. Il tentativo di evitare lo svelamento di un segreto provoca spesso delle dinamiche ben precise, una tensione interna che si esprime in messaggi comunicativi non verbali che confondono: la mia voce dice che sono felice, ma gli occhi gonfi e lucidi, il volto contratto e la tensione del corpo dice che qualcosa non va per il verso giusto. Messaggi comunicativi paradossali provocano un meccanismo che alcuni autori (Serge Tisseron et Guy Ausloos) hanno definito significativamente con l’espressione “il segreto trasuda”: i componenti della famiglia che non conoscono il segreto lo intuiscono inconsciamente, senza poter identificare ciò di cui si tratta esattamente. Nell’esempio precedente la bambina potrebbe comprendere che qualcosa non torna, nelle spiegazioni ricevute; potrebbe sentire di non poter fare domande e per cercare di controllare la situazione potrebbe darsi spiegazioni dell’accaduto che, sebbene non veritiere, le consentono però di fare chiarezza. La bambina potrebbe attribuirsi la colpa dell’allontanamento della madre e viversi come persona cattiva: forse quando si è messa a fare i capricci perché voleva quel gioco, l’ultima sera passata con la mamma,  lei si è arrabbiata così tanto che ha voluto andarsene…. La bambina, nel tentativo di comprendere come mai ciò che la ragione e le emozioni le suggeriscono venga sempre smentito dalle persone che la circondano, potrebbe pensare di non capire nulla o di essere persino “pazza”.

La sofferenza legata a un segreto familiare coinvolge tutta la famiglia, anche chi non è a conoscenza del fatto in maniera esplicita. Questo provoca spesso, nelle generazioni successive, meccanismi di ripetizione inconscia proprio di quegli avvenimenti che si sono voluti nascondere: se per esempio una madre ha subìto una violenza sessuale in età adolescenziale, di cui non si è mai potuto parlare, è difficile per una figlia sedicenne spiegarsi perché e accettare che venga accompagnata e ripresa all’uscita da scuola, che non abbia la possibilità di uscire sola con gli amici, che riceva numerose telefonate nel momento in cui si reca, per esempio, in palestra e che la madre sembra essere molto infastidita ed allarmata ogni volta che ci si avvicina a parlare di sessualità. Questo eccessivo controllo e questa impossibilità di comunicare riguardo a questo tema  potrebbe portare la ragazza a dei moto di ribellione e opposizione e a una non conoscenza tale che potrebbero portarla a mettersi in condizione di rischio.

Coloro che sono esclusi dal conoscere il contenuto di un segreto famigliare, ma che percepiscono che qualcosa non sia come gli viene detto, provano un senso di straniamento e non appartenenza al nucleo stesso. I segreti, nei bambini, ostacolano la formazione di una identità personale libera e con una sana autostima, alimentano dubbi e problemi di fiducia verso l’altro.

Chi vive questa situazione si trova a dover affrontare continue oscillazioni tra:

1. illusione/idealizzazione di una figura, un contesto, una situazione, la propria famiglia etc.;

2 . contraddizione/confusione tra il suo sentire e il rimando verbale di chi gli sta intorno;

3 . invalidazione/disprezzo di sé e autosqualifica dino all’instupidimento;

4 . incomunicabilità, bugie e reticenze a parlare di alcune cose, o su alcune tematiche specifiche.

I segreti familiari che hanno escluso un paziente non hanno un rapporto lineare di causa-effetto con i disturbi mentali. Tuttavia, in particolare quando coinvolgono un misconoscimento della realtà, hanno un legame probabilistico con l’insorgenza di tali disturbi.

Affinché si sviluppi una psicopatologia, vi deve essere la contemporanea presenza di più fattori:

  1. relazione di attaccamento con i genitori che comporti il  mancato riconoscimento e soddisfacimento dei bisogni primari fisici e/o psicologici del bambino;
  2. elevata intensità emotiva di tali processi relazionali e della loro distruttività;
  3. il misconoscimento della realtà.

Questi tre elementi possono non essere sufficienti a produrre una psicopatologia, in quanto un supporto affettivo extrafamiliare o una conferma di valore possono compensare la situazione. In mancanza di fattori protettivi esterni e alla presenza di ulteriori fattori di rischio (contesto ambientale socio- economico povero, scarse relazioni sociali…..) potrebbe esserci la manifestazione di un sintomo che esprime il malessere a livello familiare.

Vivere una situazione simile comporta molte energie e fatiche e a lungo andare non porta ai risultati sperati di protezione e benessere ed è quindi importante trovare il coraggio e la forza di affrontare la realtà, benché difficile e dolorosa.

Ma del resto questo è solo un articolo, basato su un po’ di letteratura e qualche caso clinico e forse non ha un valore così elevato… quindi: “Acqua in bocca, questi saranno i nostri segreti!”